Stiamo vivendo l’era dei servizi in cloud che in altre parole significa che i servizi sono su un computer che non è il nostro. In pratica i servizi girano altrove l’hardware in nostro possesso non è altro che un terminale. Che sia uno smartphone, un assistente vocale o una caldaia poco cambia: c’è un computer remoto che riceve, elabora e dice al nostro dispositivo cosa fare e come farlo.
È comodo, economico e pratico. Finché il produttore ha convenienza nel mantenere tutto attivo. Si perchè quando ci affidiamo a questi servizi non teniamo mai conto di questo dettaglio: è tutto bello finchè funziona, ma cosa succederà quando il servizio in questione verrà dismesso? Ti ho già parlato dell’internet delle cose: magari recupera la puntata dalle note se te la sei persa. E oggi ti parlo di cosa succede quando l’internet delle cose si appoggia a servizi in cloud gestiti da terze parti.
Ascolta “Quando il fornitore spegne l’interruttore” su Spreaker.
Il caso più recente riguarda i clienti EnelX che hanno installato le caldaie, termostato e valvole Homix e si ritroveranno con degli ingombranti soprammobili. E son passati solo, e ripeto solo, 5 anni. Un periodo enorme per la tecnologia quanto irrisorio per prodotti che in configurazione classica dovrebbero durare almeno il doppio. Enel X spegnerà tutto il primo ottobre e ha lasciato solo qualche mese di tempo ai clienti per arrangiarsi a sostituire tutto. Con tutte le spese del caso. È previsto però un non meglio precisato rimborso che sicuramente non coprirà il costo del cambio caldaia, termostato e valvole.
Un caso isolato? Assolutamente no. Dalle pagine di DDAY scopro che anche Vodafone ha spento la sua infrastruttura dedicata ai suoi dispostivi smart. In questo caso, oltre al costoso hardware, gli utenti pagavano un abbonamento mensile che a quanto pare non era sufficiente a giustificare il mantenimento del servizio. In questo caso non si parla di rimborsi ma semplicemente di buttare nell’immondizia tutti i dispositivi: hanno infatti una sim virtuale codificata all’interno e sembra impossibile riprogrammarli per farli funzionare con altri operatori.
E anche in questo caso si tratta di dispositivi con pochi anni di vita sulle spalle. Il preavviso? Di qualche mese ma praticamente nullo visto che non si son degnati nemmeno di mandare una email: lo hanno scritto in una sorta di notiziario online ignorato dai più.
Solo due casi? Purtroppo no. Bastano poche ricerche per scoprirne tantissimi altri a livello globale. Ti ho già parlato dei “cimiteri delle app” in un episodio dello scorso anno: basta guardare quello dedicato a Google per farsi un’idea di quanti servizi sono nati e morti in breve tempo.
Se hai qualche capello bianco ti ricorderai i Nokia con sistema operativo Symbian: se ne hai uno prova ad accenderlo e verifica quanti servizi Nokia funzionano ancora. Ma se non hai voglia te lo dico io: nessuno. Però in questo caso possiamo anche capirlo: parliamo di un sistema operativo abbandonato definitivamente nel 2014 quando ormai iOS e Android si erano diffusi in maniera incontrastabile. E comunque dopo circa 13 anni di attività.
Ma se sei smaliziato e vuoi giocarci ancora un po’ sappi che esistono guide per sbloccare questi vecchi device e installare a mano vecchie e nuove app. Questo è un po’ il bello dell’informatica: l’esistenza di comunità che non si rassegnano e che trovano nuovi modi per utilizzare ogni genere di dispositivo anche fuori dal loro tempo. Ovviamente quando questo è possibile.
Escludendo Symbian vorrei però chiarire che in questi casi non si tratta della sempre giustamente criticata obsolescenza programmata: secondo me qui si tratta di previsioni errate dei produttori sulla sostenibilità dei servizi. Probabilmente si aspettavano un’adozione di massa che non c’è stata o magari pensavano di integrare nuovi dispositivi e servizi che non hanno mai visto la luce. Sono davvero tanti i motivi, soprattutto commerciali, che possono causare queste morti premature.
Ma senza sembrare allarmista questo mi fa riflettere per il futuro: ha senso affidarsi all’internet delle cose per qualsiasi cosa? Ho davvero bisogno di lavatrici e frigoriferi in wifi? Probabilmente no, ma se acquisterò altri dispositivi cercherò di assicurarmi che possano funzionare anche offline. Un esempio che ho in casa: Roomba. È un banalissimo aspirapolvere robot gestibile anche da app. Se mai Roomba dovesse fallire perderò la comodità della gestione e programmazione via app ma potrò sempre premere un tasto sul robot per farlo aspirare.
Anche il lato economico ha il suo perchè nelle mie scelte: utilizzo delle prese intelligenti della Meross. Se dovesse chiudere avrò buttato via 50€ di prese. Sicuramente una perdita di denaro inferiore rispetto ad una caldaia.
E anche questa puntata è giunta al termine. Come sempre ti ricordo di visitare TecnoRiflessioni.com per i link di approfondimento. Se hai domande, dubbi o precisazioni scrivimi su Telegram o mandami una email attraverso la sezione contatti.
Oggi non sono riuscito a trovare una citazione conclusiva e quindi ti lascio con una domanda: quanta tecnologia abbandonata hai in giro per casa? E di che tipo? Fammelo sapere: potrebbe diventare argomento di un prossimo episodio!
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Fonti
- DDAY (homix – vodafone)
- Symbian (wikipedia)
- Symbian hacks
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