Secondo i dizionari un ecosistema è una associazione di elementi viventi e non che interagiscono in un determinato ambiente costituendo un sistema autosufficiente e in equilibrio dinamico.
Ma negli ultimi dieci anni si è creato un altro tipo di ecosistema, quello digitale. Più o meno inconsapevolmente ne facciamo parte tutti. I più famosi sono sicuramente quelli di Google e di Apple che hanno messo le basi per tutte le altre aziende che sviluppano beni e servizi digitali.
Ascolta “06 – Gli ecosistemi digitali” su Spreaker.
L’ecosistema è fatto in modo tale da ingabbiare l’utente in un recinto di applicazioni, servizi e sistemi operativi per scoraggiare il cambiamento. In questo modo è automatico il passaggio da utente a cliente. Un utente può utilizzare un servizio gratuito mentre un cliente paga per utilizzare un servizio.
Poco importa se il pagamento comprende denaro o dati sensibili: un prezzo da pagare c’è sempre.
Ti faccio un esempio sulla strategia di Apple. L’iPhone è sincronizzabile anche se utilizzi Windows sul tuo computer. Ma è solo abbinandolo ad un Mac che ne ottieni l’integrazione totale. Magari hai anche un Apple Watch al polso per poter integrare battiti cardiaci e passi nell’app “Salute” di iPhone.
Ma Apple si è spinta anche oltre con cuffie e auricolari con funzioni comode e intelligenti. Ma che ovviamente danno il 100% dell’esperienza solo all’interno dell’ecosistema.
Vien da sè che dopo aver speso svariate migliaia di euro in dispositivi e avendo tutti i dati all’interno del cloud Apple difficilmente ti può venire voglia di cambiare ecosistema. Alle compagnie che trattano questi “big data” è stato imposto di consentirne l’esportazione. Apple e Google si sono adeguate ma i dati esportati non sono pronti per essere riutilizzati in altre piattaforme.
Ci sono applicazioni di terzi che aiutano a migrare i dati da una applicazione all’altra ma non sono ufficiali e rischiano di smettere di funzionare da un momento all’altro.
Questa costruzione di ecosistemi non riguarda solo Apple e Google. FitBit ad esempio produce accessori per il fitness e il monitoraggio delle attività sportive. Produce rilevatori da polso e bilance e ha un’app piuttosto ben fatta. Si integra persino con molti programmi delle palestre. Dopo anni di utilizzo per molti potrebbe essere uno shock perdere tutti i progressi fatti e registrati da FitBit in favore di altri produttori magari più economici.
L’anno scorso Google ha acquistato FitBit: in questo modo la quantità di dati in possesso della grande G su di noi è ancora più vasta e precisa. Secondo gli ultimi dati disponibili FitBit nella sua storia ha venduto più di 120 milioni di dispositivi e conta una utenza di 12 milioni di persone.
Non smetterò mai di ricordartelo e ricordarmelo: “se un servizio è gratuito significa che la merce in vendita sei tu”. Come già ti dissi nella puntata dedicata alla bolla di filtraggio.
A questo punto te lo devo chiedere: ti piace l’ecosistema digitale di cui fai parte? Ma soprattutto: sapevi di esserne parte?
“I dati sono diventati il quarto fattore produttivo, dopo i classici terra, lavoro e capitale.” Vincenzo Cosenza
Note:
Musiche:
- Intro/Outro di SouthernUK, da freesound.org. (Creative Commons 3.0)
- Soundtrack di Kevin MacLeod, da incompetech Music Search. (Creative Commons BY4.0)